Bebop

E’ nella seconda metà degli anni quaranta che, dalle jam session a tarda notte del Minton’s e del Monroe’s ai locali della 52ma strada, sboccia, a New York, il Jazz Moderno.
Molte le differenze con lo Swing. Innanzitutto niente più Big Band ma formazioni più ridotte, intorno ai cinque elementi, dette Combo. Poi velocità metronomiche più aggressive di quelle del ballo e frasi musicali angolose, armonicamente dure, ritmicamente asimmetriche, fortemente poliritmiche e cromatiche che scavalcano le cesure della forma e ben poco indulgono alla cantabilità.
Il bebop è il genere che si specializza nei contrafact, cioè nello scrivere nuovi temi sui giri d’accordi di brani famosi per incassare, invece che pagare, i diritti d’autore. Questo testimonia quanto, a prescindere dal giro armonico utilizzato, quella dei boppers è un nuova maniera di suonare.
Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Thelonious Monk, Kenny Clarke e Max Roach ne sono tra i primi alfieri. Piantano un seme che germoglierà attraverso tutto il jazz a seguire, nessun musicista jazz potrà mai, da qui in poi, prescindere dalla loro influenza culturale.

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